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Cinque pagine meravigliose di Joan Sfar

Queste sono le prima tavole di una storia di Joan Sfar che si chiama "L'età a cui si è morti". Le ho prese qui, si compra qui, e inizia così:

Non è che mi sono sempre chiamata Aspirina. Quando sono morta, nel diciottesimo secolo, mica esisteva l'aspirina. 

Noi vampiri non invecchiamo. Sono 250 anni che ho la stessa età. Ho 17 anni. Ma sono meno rincoglionita d'una ragazza di 17 anni.
Perché ho vissuto un sacco di storie.

Mia sorella Josacine ha sei anni più di me. Con gli anni che abbiamo, sei anni di differenza, bisognerebbe fottersene.

Invece è un incubo. Sono duecentocinquant'anni che lei ha le tette di una ragazza di 23 anni. Le anche, le gambe, la voce.

"Aspirina, io esco. Se chiama qualcuno, digli che sono malata. Però segnati i nomi".
Sono duecentocinquant'anni che mia sorella rincoglionisce gli uomini.
"Li vuoi per andarci a letto o per farli fuori"?
"Non lo so mica ancora."

E io: 17 anni. Non 250. 17.

"Se vuoi mi puoi accompagnare"
"No, ho da fare"
"Bene, ciao..."

Si ha l'età del giorno in cui si muore.
Per sempre.


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