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Perché fai le cose

"48" è il titolo di un quaderno di disegni che contiene - o meglio conteneva - l'infedele trascrizione di due settimane di vacanza a Tokyo, a cavallo del capodanno del 2010.

Era un inverno mite: nel cielo brillava un sole pallido e antipodo, che t'aspettavi solcasse il cielo in senso opposto all'usuale - a causa del ribaltamento destrasinistra che, da quelle parti, accomuna la guida su strada e l'avvitamento dei rubinetti.

Si festeggiava l'avvento dell'anno della Tigre e per questo abbondavano ovunque felici icone feline. Io leggevo libri sugli squali concettuali ed ascoltavo Peter Fox, e appena si poteva vergavo le paginette del mio libretto con le linee d'una pilot gtech subito abbracciate d'ecoline verde.

Fu un viaggio pieno di fantasmi, dagli spettri bambini di Heathrow agli angeli di Shinyurigaoka. Di creature minacciose e invisibili: come i bacilli dell'influenza, che gli orientali combattono con le mascherine, alla tigre binaria, le cui striscie puoi leggere con qualsiasi interprete di codice a barre. Di desideri inesauditi, dall'appartenenza al Mile High Club all'accesso alla Casa dei Quattordici Gatti, e di bizzose fashioniste con gli occhi a mandorla incappottate di bianco e ammiccanti cameriere di maid café alle quale dedicare lezioni di kyusu e Kissmeono di seta. Non so perché fai le cose.

So che quelle 48 pagine, che raccontano di tanti segreti misteri e d'un sole lontano, so che in qualche modo furono disperse al ritorno del Giappone. Sono cose che mi succedono - ma almeno questa volta avevo avuto il tempo di fotografare e persino filmare le pagine. 

Un anno, e più, dopo - riesumate dal mio hard disk, le scansioni hanno fatto rivivere per un mese quelle pagine in una mostra che si intitolava "I love you". A ben pensarci: una mostra di fantasmi. Ma si sa: gli spettri cogli occhi a mandorla sono sempre i migliori.

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