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Reality is More Design Positive than Fiction

"Si può toccare il cuore delle persone con il graphic design?
Ci sono tanti bei progetti grafici, tecnicamente perfetti.
Ma lasciano le persone comuni indifferenti: non significano nulla nella lora vita.
Questa domanda mi è venuta in mente quando mi sono trovato sommerso dalla frustrazione a causa di lavori professionalmente impeccabili, dei quali non fregava un cazzo a nessuno: ne' a chi li faceva, ne' a chi ne era destinatario. 
Il vero problema di tutto questo è che la maggior parte dei designer non crede in niente.
Come puoi sperare di realizzare un progetto forte, se la tua coscienza è così debole?"

Questa domanda di Stefan Sagmeister non ha una risposta semplice. 

Riguarda il problema fondamentale del senso di quello che facciamo come artisti visuali.
Riguarda la nostra coscienza di designer
Riguarda il fatto - per tutti gli addetti ai lavori delle professioni creative in generale - di credere alla necessità del valore culturale del proprio lavoro.

In un Paese in cui parlare di cultura è diventato decisamente fuori moda. 
In cui si crede che per fare una startup e un business innovativo bastino una buona idea e un laptop. 
In cui ci si scorda che un ventesimo del Pil nazionale (quasi ottanta miliardi di euro) viene proprio dall'industria culturale. 

In una Firenze Capitale Mondiale della Cultura con logo prodotto via clipart e brand turistico in crowdsourcing, è facile lasciarsi prendere dallo sconforto.
Credere ad una grafica senz'altro scopo che quello commerciale, o dilettarsi in una ricerca estetica escapista, hipsterina e inutile.

Tuttavia: ci piace credere che questa non sia l'unica scelta possibile. 

Che abbia ancora senso usare il design per parlare di cultura e riflettere sul mondo reale: come hanno fatto Alessio Piccini e Bianca Borri di FunkyFreshFactory con la loro campagna #Realityismore per il 54° Festival dei Popoli.

Che si possa utilizzare la grafica per combattere la situazione desolante dell'Isia, importante Scuola di Design fiorentina abbandonata dalle istituzioni: lo hanno fatto gli studenti dell'Istituto che si sono messi in gioco con "Noi siamo Firenze", una campagna virale ideata da Giulia Ursenna Dorati con Lorenzo Farris.

Che si possa provare a credere - anche da quaggiù, dalla periferia della periferia dell'Impero - alla Rivoluzione Creativa che nella petizione omonima organizzata da Alfredo Accatino ha raccolto seimila firme prestigiose in sei giorni.

Perché anche se colui che lo ha detto è scomparso ieri, merita provare a crederci: "un vincitore è solo un sognatore che non si è arreso".

 

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